Emozioni chiuse in valigia
Molti pazienti giungono nel mio studio trasportando dei bagagli ingombranti a cui hanno dato forme, di volta in volta, originali. Alcuni hanno avuto la cura di camuffarli così bene da portarli sulle spalle senza apparente fatica, salvo poi sentirsene oberati quando si trovano a muoversi nella loro vita: nelle relazioni amicali, amorose, lavorative. Altri, in modo più manifesto, ne avvertono il peso, li sentono come dei fardelli, a tratti hanno preso visione del contenuto e ne hanno avuto disprezzo o paura, vorrebbero sbarazzarsene. Si tratta di valigie colme di emozioni proibite e inaccettabili, emozioni che non si possono sentire e provare.
Utilità delle emozioni
Le emozioni, tutte le emozioni, svolgono un ruolo fondamentale nella vita di ogni persona, fornendo importanti informazioni su ciò di cui abbiamo bisogno e ciò che ci arreca danno. Per esempio, la paura e la rabbia ci mobilitano in senso difensivo; la tristezza, il pianto servono a farci capire che qualcosa non va, a richiamare l’aiuto dell’altro, rinsaldando i legami; la gioia, l’eccitazione favoriscono l’apertura verso gli altri e il mondo e l’affermazione di sé. Prescindere da alcune emozioni, cercare di non sentirle non può quindi che avere importanti conseguenze, a livello della soddisfazione personale e della possibilità di difendersi da ciò che mina il proprio benessere.
Emozioni, natura e cultura
Da bambini abbiamo la possibilità di essere in contatto intimo con noi stessi e di muoverci spontaneamente nel mondo: se abbiamo sonno dormiamo, se abbiamo fame mangiamo, se siamo arrabbiati o tristi o abbiamo bisogno di essere consolati ci arrabbiamo o piangiamo, se siamo allegri ridiamo. Col tempo, diventiamo responsabili delle nostre manifestazioni emotive, l’esperienza ci insegna che le nostre emozioni possono avere delle conseguenze positive o negative, che non possono essere espresse in modo spontaneo ma vanno gestite e controllate. Un controllo più o meno rigido si frappone tra noi e il nostro mondo emotivo.
Emozioni temute
I problemi insorgono nel momento in cui, in seguito alle esperienze di vita, alcuni vissuti emotivi vengono marchiati in senso negativo e ricacciati, in quanto considerati rischiosi. Vediamo alcuni esempi:
- In alcuni contesti familiari, non è consentito esprimere la propria rabbia perchè rappresenta una minaccia rispetto alla relazione o perché rischia di suscitare reazioni di rabbia ancora maggiore da parte dei genitori. In questi casi, sarà difficile sentire la propria rabbia ed esprimerla per paura di confrontarsi con l’altro e di rompere la relazione, di restare da soli.
- Alcune persone invece, nella loro infanzia imparano a non poter fare affidamento su nessuno e a poter contare solo su se stessi. Per questi individui potrà essere difficile esprimere la propria tristezza, potranno provare disgusto per il dolore e la debolezza che rischiano di aprire delle falle nella torre d’avorio che hanno dovuto costruire.
- In altri casi ancora, si potrà non voler ammettere con se stessi di avere paura perchè non è stata fatta esperienza di contesti familiari rassicuranti rispetto a questa emozione o per timore di deludere le aspettative genitoriali, mostrando la propria fragilità e la propria debolezza.
Strategie per non sentire le emozioni
Per timore di non reggere ciò che potrebbero sentire, certe persone, in base alle loro storie di vita e alla loro sensibilità personale, evitano quindi il contatto intimo con se stessi e, in particolare, con specifiche emozioni temute e riprovate. Le strategie utilizzate per non sentire e non entrare in contatto con queste emozioni varieranno di volta in volta, consideriamo le più frequenti:
- Razionalizzazione: meccanismo attraverso il quale un soggetto cerca di dare una spiegazione logica di un’ emozione distaccandosi così dall’emozione stessa e dalle sensazioni fisiche che si accompagnano ad essa. Per esempio un paziente mi riferisce: “adesso sono in grado di arrabbiarmi con mio padre per ciò che ha fatto, prima lo giustificavo”
- Negazione: è un meccanismo autoprotettivo attraverso il quale viene disconosciuta la portata affettiva di realtà spiacevoli. E’ ben esemplificata da queste frasi: “dovrei provare rabbia perchè mi ha tradito ma non mi sento arrabbiata”; “non ho paura, ma non mi interessa quella cosa e quindi non la faccio”
- Fuga: la vita viene impostata con frenesia in modo da non potersi mai fermare per ascoltarsi e accogliere le proprie emozioni: azioni, comportamenti, pensieri sono utilizzati come strumenti per attutire il suono di segnali emotivi intollerabili. Una paziente mi dice: “uscire, vedere gli amici, andare al lavoro mi aiuta, mi fa stare meglio perché ho la testa impegnata”
- Repressione: l’emozione temuta viene trattenuta perché in conflitto con la propria idea di sé
I sintomi
In un modo o nell’altro, come si è detto, evitare di entrare in contatto con le proprie emozioni avrà, inevitabilmente, importanti ripercussioni a livello della pienezza della propria vita e potrà essere all’origine di molti sintomi e condizioni di malessere psicologico. Mantenere uno sbarramento emotivo richiede molta fatica e comporta una costante tensione, come l’acqua che preme su una diga. L’effetto che ne potrà derivare sarà quello di una pentola a pressione a continuo rischio di implosione (sintomi psicosomatici, depressione, insoddisfazione ) o di esplosione (reazioni di collera, violenza, pianto incontrollato, attacchi di panico).
La psicoterapia
Il lavoro psicoterapico, in un quadro non moralizzante e non giudicante, permette di ristabilire il contatto e l’equilibrio tra emozioni e bisogni accettati e emozioni e bisogni proibiti e inaccettabili. Si tratta di accogliere e integrare le diverse parti di sé, di non continuare a trattarle come due entità opposte, ma come perfettamente legate le une alle altre. Emozioni accettate ed emozioni inaccettabili sono entrambe linfa vitale proveniente dalla stessa sorgente pura delle emozioni dell’infanzia, prima che un giudice severo non intervenisse imponendo un rigido controllo.