Farsi abitare dalla tristezza
Una psicologa che invita a vivere la tristezza: può sembrare strano, lo capisco. In fondo si pensa che il lavoro dello psicologo sia quello di sollevare dalla tristezza, riportare benessere, indicare la strada della felicità. Viviamo poi in una società che ci vuole felici e vincenti, dove la tristezza, se non quando è palesemente giustificata, come in caso di lutto, deve essere attentamente occultata per non apparire deboli e sconfitti.
Eppure non possiamo essere felici sempre. Sognare un mondo ideale dove non esistono emozioni spiacevoli e tutto è positivo è ingenuo e ingannevole e apre la strada a molteplici delusioni.
Se la vostra vita somiglia a quella di chiunque altro, allora sarà fatta di momenti piacevoli e spiacevoli, di serenità e conflitti, di gioia e dolore. Turarsi il naso di fronte alla tristezza per paura di sentirla rischia di privarci di una parte essenziale della vita, la nostra parte adulta è invitata ad occuparsene.
Il bisogno di sentirsi tristi
Qualcuno potrebbe pensare che la tristezza non serva a nulla e sia solamente una scocciatura, ma le cose non stanno in questi termini: essere tristi, in alcune circostanze, è una risposta adeguata ai nostri vissuti e non è necessariamente qualcosa di drammatico o catastrofico. E’ un percorso che abbiamo già attraversato svariate volte nel corso della nostra vita e ogni volta siamo andati oltre. Tutti noi, almeno saltuariamente, abbiamo bisogno di sentirci tristi perché necessitiamo della vicinanza di qualcuno. Abbiamo bisogno, ogni tanto, di sentirci tristi anche per riflettere autenticamente sulle cose della nostra vita e per riconoscere che non siamo invulnerabili e non abbiamo tutto sotto controllo. Da un punto di vista evoluzionistico, la tristezza serve innanzitutto a fare sì che le persone che ci stanno accanto ci diano una mano nei momenti di difficoltà, a mantenere e creare legami e supporto sociale. Oltre a ciò questo sentimento si accompagna frequentemente alla riflessione su quello che ci accade, sui problemi della vita di ognuno di noi, sul fatto che la vita non è eterna e presenta imprevisti, dolori e insidie e termina con la morte. La tristezza fa spesso da sottofondo al processo di costruzione della nostra esperienza di vita e della nostra saggezza, una dimensione tutt’altro che secondaria.
Perché si ha paura di sentire la tristezza
Certe persone faticano ad accettare questa ineliminabile dimensione della vita emotiva perché pensano, nella loro vita, di non poter fare affidamento su nessuno: in realtà questo è ciò che magari è accaduto nella loro infanzia e in questo modo hanno imparato, amaramente e con fatica, a fare affidamento solo su se stessi. Quando si sentono tristi allora si agitano e fanno tutto il possibile per ritrovare un po’ di controllo, fanno tutto il possibile per respingere questi sentimenti che vivono come mancanza di forza, debolezza di carattere. Proveranno disprezzo e disgusto per la loro tristezza e debolezza, ne avranno paura: la tristezza rischia di aprire falle nella loro torre d’avorio, nella loro autosufficienza limitata e limitante, ma comunque sicura.
Avete il diritto di essere tristi
Avete il diritto di sentirvi tristi, di mettervi in ascolto di questa emozione, di sostarvi per il tempo necessario senza agitarvi e fuggire. I momenti di sconforto non sono da relegare a “periodo buio” della vita da eliminare, ma possono rappresentare una risorsa per riconoscere se stessi e creare nuove strategie di sopravvivenza. E’ nello strappo, nella spaccatura che si riconosce la forza dell’essere umano, è nella contraddizione e nella crisi che la persona si definisce in quanto tale e può accogliere la complessità del buio e della luce di cui tutti siamo portatori.
Farsi abitare dalla tristezza senza fuggire, attraversarla con curiosità e umiltà ci può permettere di scoprire delle cose sulla vita e su noi stessi, ci può aprire gli occhi e spingere a cambiare degli aspetti della nostra vita ormai desueti. E se è troppo doloroso proviamo a chiedere aiuto, proviamo ad aprirci alle relazioni, a farci abbracciare: insieme è più facile.