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Insicurezza patologica: come riconoscerla e affrontarla

“Il più grande errore che puoi fare nella vita è quello di avere sempre timore di farne uno”

Elbert Hubbard

Se ti stai chiedendo perché hai così tanta paura di sbagliare, di fallire, di non essere all’altezza e se sei il tuo peggior critico, sempre pronto a sottolineare ogni minimo errore, c’è una possibilità che tu stia esplorando il territorio dell’insicurezza patologica.Non sì trattadi quell’insicurezza normale, che provano tutti, che fa parte della nostra umanità, ma di un fenomeno molto più invadente e a tratti invalidante. Se ti riconosci già, sappi che non sei solo: ecco i segnali che possono aiutarti a capire se l’abito che indossi più frequentemente sia proprio quello dell’insicuro.

Non ami partecipare, ma sei un ottimo osservatore della realtà

Sei bravissimo a osservare ciò che accade attorno a te, cogliere dettagli che agli altri sfuggono, ma quando si tratta di partecipare ti blocchi. Pensi di non avere nulla di interessante da dire, e se osi esprimerti, poi passi ore a rimuginare: “ho detto la cosa giusta?”, “avrò fatto una brutta figura?”. Non solo analizzi ogni tua parola, ma anche quelle degli altri, come se ogni conversazione fosse un campo minato. Così, alla fine, preferisci restare in disparte, evitando rischi… e opportunità.

Temi il giudizio altrui

Ti senti come se fossi sotto un riflettore e pensi che gli altri siano sempre pronti a trovare difetti in te. Ti senti giudicato per le tue opinioni, per il modo in cui ti vesti e persino per il modo in cui respiri. Ogni decisione, parola o azione per te diventa un dilemma, perché l’idea di non piacere o di deludere gli altri finisce per alimentare la tua insicurezza. Ma la paura del giudizio è, in realtà, la proiezione del tuo stesso atteggiamento critico. Sei tu il giudice più severo di te stessoe gli altri probabilmente non sono così attenti a te, come tu pensi.

Cerchi la validazione degli altri, ma non riesci a ricevere complimenti

Quando qualcuno ti dice: “come sei stato bravo!”, tu rispondi con un timido: “non è niente di che”. Ogni volta che ricevi un complimento non riesci a non metterlo in discussione pensando: “lo dice solo per farmi un piacere”, “non merito questa attenzione”, “si serve del complimento per ottenere qualcosa”. Eppure, dentro di te, desideri ardentemente sentirti dire che sei straordinario. È un po’ come avere fame, rifiutare una torta e poi sentirti a digiuno.

Impieghi in modo sistematico la tecnica del confronto (e sempre al ribasso)

Non è che ti confronti ogni tanto, no: il confronto è una vera e propria strategia quotidiana e, naturalmente, scegli sempre chi, secondo te, è “migliore di te”. Ogni volta che ti trovi in una situazione nuova e difficile rivolgi il tuo sguardo a chi sembra sicuro e a suo agio. Ti ripeti allora che non potrai mai essere così, che dovresti essere come lui, parti dal presupposto che dovresti piacere a tutti e sentirti sempre “all’altezza”. Peccato che questo modo di pensare, anziché motivarti, alimenti solo il tuo senso di inadeguatezza, facendoti sentire costantemente in difetto e mai abbastanza bravo.

Consideri le tue necessità meno importanti di quelle degli altri.

Metti sempre le esigenze degli altri al primo posto, considerando le tue quasi irrilevanti. Dire “no” ti sembra impossibile: hai paura di deludere, di essere giudicato o di disturbare. Questo ti porta a fare scelte che non ti appartengono veramente, come accettare impegni che non vuoi o persino acquistare qualcosa che non ti serve, solo per evitare di contrariare qualcuno. Il risultato? Ti ritrovi spesso a sentirti frustrato e a vivere situazioni che non ti fanno stare bene.

Ti maceri nei dubbi a ogni minima decisione.

Ogni scelta, anche piccola, diventa per te un tormento: “dovrei cambiare lavoro?”, “meglio parlare a Marco di ciò che mi ha dato fastidio o lasciare correre?”, “meglio il maglione giallo o quello rosso?”. Vuoi sentirti certo della tua decisione, ma sembra impossibile e continui a rimuginare alla ricerca della soluzione con la “S” maiuscola: più cerchi di raggiungere quella sensazione di certezza che ti rassicurerebbe, più i dubbi e l’incertezza si moltiplicano. È come un labirinto senza uscita, che riesce a farti sentire ancora meno sicuro di te e di ciò che decidi.

Scegli di non scegliere e… procrastini

Preferisci “mettere in pausa” ogni decisione fino a quando, magari per miracolo, non ti sentirai sicuro al cento per cento. Rimandi, analizzi e rianalizzi, o magari prendi una decisione a parole ma poi non la metti in pratica. La paura di sbagliare e di assumerti responsabilità frena non solo te, ma spesso rallenta anche chi ti circonda. Così, in attesa della certezza assoluta, resti bloccato, rinunciando a crescere e a portare avanti davvero ciò che desideri.

Sei un campione della delega

Quando proprio devi prendere una decisione, preferisci appoggiarti agli altri o, meglio ancora, delegare del tutto. Che si tratti di una scelta lavorativa o personale, l’opinione di chi ti circonda ti sembra più affidabile della tua. E così spesso lasci che siano gli altri a scegliere per te, così da evitare il rischio di sbagliare. Questo comportamento, apparentemente rassicurante, crea un circolo vizioso che mina sempre di più la tua autostima e ti porta a dubitare sempre di più di te stesso. Cercare il sostegno degli altri nel prendere decisioni perché non ci fidiamo di noi stessi, infatti, equivale a decidere di camminare appoggiandosi a una stampella, poiché non abbiamo completa fiducia nelle nostre gambe. In un primo tempo ci offre un senso di sicurezza, ma simultaneamente amplifica la nostra sfiducia nella capacità di camminare in autonomia, oltre a indebolire di fatto la muscolatura delle gambe.

Sei un esperto delle “anticipazioni catastrofiche”.

Se c’è una cosa che ti riesce bene, è prevedere il peggio in ogni situazione. Hai un esame importante? Già ti dici: “Non ce la farò mai a superarlo e se fallisco sarà la prova definitiva che sono un disastro”. Il risultato? L’ansia cresce e con lei il rischio di finire per confermare la tua previsione negativa. E se poi davvero l’esame non va come speravi, il tuo copione si completa perfettamente: è la “prova” che non sei all’altezza, che non fa che alimentare la tua insicurezza.

Ti piace restare nella “zona di confort”

Le sfide ti piacciono, ma solo quelle in cui sei sicuro di poter vincere. Se c’è solo una minima possibilità di fallire, preferisci lasciar perdere, così da evitare di vedere confermati i tuoi timori. Questo atteggiamento ti fa sentire protetto, certo, ma è proprio questa tendenza protettiva a impedirti di scoprire e potenziare le tue reali risorse. Un po’ come capita nel salto in alto, dove mantenere l’asticella troppo bassa non gratifica chi salta né gli permette di allenarsi e migliorarsi.

C’è una via d’uscita?

Se ti riconosci in uno o più di questi punti, il primo passo è rendersi conto che l’insicurezza non è una condanna a vita. Con il supporto di uno psicoterapeuta, puoi comprendere l’origine di quella voce interiore così severa che alimenta i tuoi dubbi e imparare a riconoscere il tuovalore. Non si tratta di stravolgere la tua personalità, ma di lavorare per ridurre la discrepanza tra il tuo Sé ideale e il tuo Sé reale, aumentando la tua autostima attraverso l’accettazione dei tuoi limiti e il riconoscimento delle tue risorse.

Accetta questo: non è possibile diventare bravi in tutto senza essere disposti a correre il rischio di sbagliare. Imparare a camminare non significa non cadere mai, ma sapersi rialzare ogni volta, facendo tesoro dell’esperienza. Affrontare l’insicurezza è un percorso, non una gara: puoi farlo a piccoli passi, con la giusta guida e un pizzico di fiducia in più. E quel passo in avanti, per quanto incerto, può essere l’inizio di un cammino verso una versione più serena e autentica di te.

 

Bibliografia:

Milanese R. (2024), La rivincita dei punti deboli, Ed. BUR

Rolla E. (1994), Lo scomportamento, Ed. SEI