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Legami familiari

Diventando adulti ci creiamo, o così possiamo credere, una vita indipendente dai nostri genitori. Tuttavia, prendere le distanze da quell’intricata rete di rapporti che ci lega alla nostra famiglia di origine non è così facile come si può immaginare. Anche se cambiamo città o andiamo a vivere su un altro pianeta continuiamo ad essere i figli dei nostri genitori: i legami familiari continuano, in modo più o meno consapevole, a vivere dentro di noi e a influenzare le nostre vite e le nostre scelte.

Nella vita familiare acquisiamo infiniti ruoli che ci vengono assegnati. Una madre dipendente e non autonoma ad esempio può scambiare i ruoli e responsabilizzare eccessivamente la figlia chiedendole di farle da madre. Un padre insoddisfatto può trasferire le proprie aspirazioni sul figlio imponendogli il ruolo di Sé Ideale. Un genitore ansioso può divenire iperprotettivo e far sentire il proprio figlio una persona fragile e insicura. Il figlio è, fin dalla prima infanzia, bersaglio dell’immagine e delle aspettative forgiate in famiglia.

Crescendo siamo liberi di esplorare e sperimentare, siamo liberi di svincolarci dai modi di guardare la vita e dai ruoli assegnati dalla famiglia di origine, ma aprire queste porte può fare paura. Se sicurezza significa restare vicino ai propri genitori (da bambini vicino ai loro corpi e poi vicino alle loro idee) ci si può sentire in pericolo allontanandosi e compiendo delle scelte indipendenti. Decidere di fare a modo nostro può amareggiare e addolorare molto i propri genitori e non è facile tollerare il peso di arrecare loro questa delusione: decidere di non diventare avvocato, di non sposarsi, di non avere figli, per esempio.

Prendendo la propria strada, si può temere di non essere più amati, approvati, accettati e ciò è tanto più difficile per i figli quanto più, all’interno della famiglia, è rigida l’assegnazione di ruoli e non ci si sente liberi di essere se stessi.

Il punto non è però ribellarsi ed esasperare i genitori per sentirsi indipendenti. Le nostre opzioni non sono la sfida o la compiacenza. Una persona potrebbe davvero voler diventare avvocato come suo padre o, al contrario, potrebbe arrivare a sposare una persona che non ama solo per ribellarsi alle idee della famiglia. Si resta “ostaggi” dei propri legami familiari sia che ci si modelli solo per rispondere alle aspettative, sia che si scelga una strada qualsiasi pur di spezzare il cordone che ci lega ai genitori e opporsi al ruolo che si sente imposto.
Separarsi non comporta un ripudio o una ribellione ma l’attuazione di una scelta libera.

Vediamo, a titolo di esempio, una situazione clinica.
Claudio giunge a consulto in seguito a una rottura sentimentale ma fin dal primo colloquio, riferisce di vivere un conflitto interiore: di aver scoperto un “lato di sé al limite” che contrasta con la sua immagine di sé. Questo lato di sé “autodistruttivo” che non comprende e teme di poter riproporre lo ha spinto, negli ultimi anni, a mettere in atto dei comportamenti a rischio. Da bambino, Claudio ha strutturato uno stile di vita compiacente: attivo per farsi amare da tutti, attento a soddisfare le aspettative di un padre esigente e a rassicurare una madre ansiosa. Questo stile da “bravo ragazzo”, contrasta in maniera decisa con la messa in atto, occasionale, di comportamenti “fuori controllo” e dannosi per la propria salute.
Nel corso del lavoro terapeutico, Claudio ha la possibilità di comprende il senso dei propri comportamenti a rischio e di definirli come l’espressione di un “bambino ribelle”, evidentemente desideroso di opporsi al ruolo di figlio bravo e rassicurante che ha sempre vissuto come un “dover essere”. Ma non è ribellandosi ai propri ruoli imposti che si spezzano i legami familiari e si diventa adulti. Dare un significato,accogliere e rispettare il proprio“bambino ribelle” è il primo passo di Claudio per accettare di poter deludere le aspettative altrui e lavorare per incanalare in modo più sano il suo bisogno di svincolarsi dai legami familiari ed essere amato e apprezzato per ciò che è.

Per diventare persone autonome e indipendenti, pur conservando i legami con le proprie radici, è necessario avere il coraggio di mettere in discussione l’immagine che ci è stata assegnata e cercare la propria strada. Fare i conti con chi siamo significa cercare di capire chi davvero vogliamo essere, non per reazione, ma perché ci appartiene, avendo anche il coraggio di risultare deludenti. Essere deludenti talora sarà inevitabile perché non si può essere amati da tutti, perché non si può essere sempre rispondenti alle aspettative. Diventare adulti significa fare del proprio meglio e proseguire nel proprio cammino malgrado le pressioni esterne e i giudizi. E’ amarsi sufficientemente per andare avanti nonostante la delusione, accettando che gli obiettivi degli altri non coincideranno necessariamente con i nostri.