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Perché il matrimonio può fare paura

Marco ha 31 anni e da 4 anni è fidanzato con Sandra. Alcuni loro amici si sono già sposati e altri sono in procinto di compiere il “grande passo”, ma lui non sente questo desiderio e anzi l’idea gli fa un po’ paura. Per questi motivi, Marco decide di iniziare una psicoterapia: per capire le ragioni della sua riluttanza rispetto al matrimonio e l’autenticità dei suoi sentimenti nei confronti di Sandra.

Dati alla mano, un elemento che caratterizza la società odierna è il il calo dei matrimoni e delle unioni formalizzate e, se si parla con i giovani, vi è un numero consistente di persone che arrivate all’età “da matrimonio” esprimono sentimenti di paura e di incertezza, in definitiva, ci si sposa di meno.

Si possono trovare molteplici ragioni di questa riduzione dei matrimoni: la crisi economica, la precarietà del lavoro, il fatto che i matrimoni siano eventi costosi, ma anche motivazioni di ordine psicologico. Vediamone alcune.

Il matrimonio vissuto come una costrizione sociale. Il matrimonio è uno stereotipo sociale, la società impone uno stile, modello di vita che deve essere uguale per tutti: si nasce, si cresce, ci si sposa, si hanno figli, punto. In questi termini il matrimonio è visto come la norma, la regola. Soprattutto nelle comunità più piccole la convivenza senza la formalizzazione del matrimonio non viene accettatta perché viene intesa come un modo meno “serio” di stare insieme. Le regole, i vincoli, le norme hanno in sé un significato di obbligatorietà e chi non vi aderisce viene multato o incorre in sanzioni. Allora, se pensiamo al matrimonio come una regola a cui adeguarsi, è normale avere paura, se non addirittura il terrore di sposarsi.

Il matrimonio una separazione definitiva dalla propria famiglia. Sposarsi significa separarsi dalla propria famiglia d’origine, perdere la propria identità primaria per acquisire un’identità adulta. In alcune famiglie questo naturale passaggio del ciclo di vita può essere difficile da vivere e i figli si possono sentire investiti di un “mandato” che limita e vincola la crescita. Pensiamo ad esempio alle famiglie conflittuali dove il perdurare della presenza del figlio è vissuto come funzionale ad impedire la separazione tra i coniugi o a quelle famiglie in cui un genitore è venuto a mancare e il figlio si sente investito del ruolo di “vicario” del genitore mancante e figura consolatoria di quello ancora in vita. In queste situazioni l’uscita dal “nido” e la decisione di sposarsi può rappresentare un passo molto difficile da compiere.

La paura di impegnarsi nel matrimonio. In una società centrata sulla libertà e sul benessere individuale un atto che costringe a confrontarsi e ad assumere obblighi nei confronti di altri può fare paura. Può fare paura l’idea di doversi impegnare per tutta la vita con una persona, si può avere paura di giurare fedeltà in modo esclusivo, si può avere paura delle conseguenze che questo impegno può avere su una relazione fino a quel momento così armoniosa.

Lo spettro del fallimento. Il matrimonio può far paura per timore di fallire: si può avere timore del divorzio e delle sue conseguenze. Questa prospettiva ci può spaventare perché rimanda alle nostre esperienze precedenti e  a molteplici schemi inconsci. A cominciare dal modello genitoriale. Difficile sfuggirvi, sia nel caso in cui si abbia paura di non essere così perfetti come la coppia formata dai propri genitori sia, al contrario, che non si vogliano ricalcare gli errori e le esperienze familiari.

E se avere paura fosse normale?

C’è da dire che il matrimonio spesso è sognato perché si sogna l’abito bianco, la cerimonia da favola in cui si è protagonisti assoluti. In questo senso il matrimonio è fantasticato e desiderato come la realizzazione dell’amore romantico. Ma se l’idea di matrimonio si limita a questo la coppia avrà poche possibilità di costituirsi in modo duraturo. Sono invece da recuperare nell’idea del matrimonio tutte le norme che lo regolano e il senso di responsabilità che deriva dall’impegno preso di fronte ad altri, perché soltanto questo permette di sancire il passaggio dall’amore romantico a un amore più equilibrato e maturo. Come scrive l’antropologo Bronislaw Malinowski: “il matrimonio presenta uno dei più difficili problemi personali della vita: il sogno più emotivo e più romantico deve calarsi in una relazione ordinaria e funzionante”.

Allora avere paura di sposarsi non significa che non si ama il proprio partner ma, anzi, è la prova del fatto che si prende la cosa sul serio e si considera responsabilmente ciò che questa scelta comporta. Non è normale avere paura di prendere una decisione per la vita? Dopo tutto sposarsi equivale a dire sì all’avventura della vita di coppia e alla sfida che questa solleva.

Sposarsi significa mettere da parte il proprio individualismo e i propri ideali romantici a favore di un progetto di coppia e decidere di condividere per sempre la propria vita con un’altra persona, prendersene cura. E’ senza dubbio una scelta che richiede impegno e  ci confronta con la delusione e con i nostri limiti, un esercizio a cui non si è sempre preparati a piegarsi. Ma se si riesce ad andare oltre i propri sogni e il proprio tornaconto immediato, il matrimonio può rappresentare una meravigliosa opportunità. In una società in cui si è sempre più soli e si è valutati in base alle proprie performance e ai propri successi, decidere di sposarsi significa dar vita ad una una relazione in cui ci si può sentire amati e accettati per ciò che si è, una relazione in cui ci si può sentire un po’ meno soli e un po’ più sicuri.