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Sentirsi tristi, vuoti, disperati. Non provare alcun desiderio, piacere, non avvertire nelle pieghe immaginabili del tempo neppure un obiettivo che meriti un impegno di lotta. Sentirsi inutile, insufficiente, incapace di affrontare il divenire continuo della realtà. Sentirsi astenici, senza energia. Nutrire un odio disperato per la propria entità fisica e mentale fino a pensare di poter mettere fine alla propria vita. Tutto questo è depressione. Queste le caratteristiche connotative di una patologia che può presentarsi in forme molto diverse in ciascun individuo. Ogni uomo infatti rappresenta un'unità irripetibile, con un suo stile di vita, fatto di opinioni e tratti emozionali, di scelte d'azione e di obiettivi prevalenti, uno stile suscettibile di un rinnovamento continuo che sfugge a ogni previsione. Oggigiorno la parola depressione è diventata sinonimo di malessere psichico di qualsiasi natura e origine. Spesso nel mio lavoro mi accorgo che l'espressione “sono depresso” apre il colloquio con le persone che cercano di esprimere il loro disagio. Depresso è il depresso ma anche il fobico, l'ansioso, chi ha subito un lutto, chi deve fare i conti con una malattia invalidante propria o di un congiunto. Lo psicoterapeuta che tratta una persona affetta da sintomi depressivi non può quindi omettere di porre una diagnosi clinica per comprendere se davvero ci si trova di fronte a un quadro depressivo e di quale entità. Il disturbo depressivo può infatti essere caratterizzato da livelli di gravità molto diversi che vanno da forme depressive di tipo psicotico a forme più lievi di stampo nevrotico o reattivo.

 

La depressione endogena

Nella depressione endogena la sintomatologia depressiva irrompe nella vita dell'individuo senza che possa essere ricondotta biograficamente ad eventi di particolare significato. Si tratta di una vera e propria frattura depressiva nel continuum vitale della persona. Questa forma ha un carattere episodico di durata variabile (circa 6 mesi) e può rappresentare un evento isolato o assumere un andamento episodico ricorrente (forma monopolare). Quando nella storia della persona sono presenti anche episodi maniacali, l'episodio depressivo viene considerato parte di un disturbo dell'umore definito psicosi maniaco – depressiva. Lo stato d'animo depressivo è segnato da una tristezza intensa e pervasiva e da un progressivo rallentamento delle funzioni psichiche. Questa “tristezza vitale” è vissuta anche a livello fisico: la persona può avvertirla, descriverla, localizzarla nella testa, nel cuore, nel petto. L'esperienza depressiva endogena porta a una radicale trasformazione del tempo vissuto: si interrompe il fluire dei progetti, il presente ristagna e il passato si colora foscamente e negativamente. Fatti e accadimenti passati di per sé insignificanti vengono vissuti in modo autosvalutante e con autoaccusa e senso di colpa. Quando manca l'adesione alla realta, con la presenza di idee deliranti e non c'è consapevolezza di malattia l'esperienza depressiva endogena si presenta nella sua forma più grave come manifestazione di tipo psicotico. I temi del delirio più frequenti sono dati dalla colpa e dalla rovina. La depressione endogena, anche quando non si struttura come psicotica in senso stretto, rappresenta pur sempre una condizione di profonda sofferenza. Tristezza vitale e dolore morale, tedio e incapacità di provare gioia o piacere possono accompagnarsi alla penosa impressione di distanza affettiva da oggetti e persone, in un'esperienza di distacco ed estraneità. L'inibizione e l'inerzia psichica si riflettono sul piano motorio: la mimica è fissa improntata ad afflizione, i discorsi sono brevi a monosillabi, i movimenti si riducono. Talora anziché l'inibizione può presentarsi un'agitazione inconcludente. Nel corso dell'episodio depressivo, il rischio più temibile è rappresentato dal suicidio.

Le depressioni psicogene

Le depressioni psicogene sono caratterizzate da uno stato d'animo depressivo persistente, intriso di insoddisfazione e pessimismo, che non raggiunge la profondità delle depressioni endogene e in cui non vi è una frattura nel continuum esistenziale della persona. Quando vi sia un evento significativo (una perdita, un insuccesso, una situazione di scacco profondo ecc.) in stretta connessione temporale con la comparsa della sintomatologia depressiva, si parla di depressione reattiva. Quando invece non sia rintracciabile un evento scatenante vero e proprio ma vi sia una storia di frustrazioni e tensioni protratte nel tempo che si intrecciano in personalità con tratti di debolezza dell'io e  in cui sia ipotizzabile la riattualizzazione di conflitti inconsci, si parla di depressione nevrotica. Nelle depressioni psicogene la tristezza può essere accompagnata da sentimenti di disperazione, isolamento e solitudine ma i contatti interpersonali e la progettualità in una certa misura permangono. Frequentemente prevale nella sintomatologia l'aspetto ansioso, per cui la persona appare irrequieta, lamentosa, rivendicativa nei confronti degli altri. Possono accompagnarsi sintomi somatici, senso di stanchezza (astenia) e disturbi sessuali. La sintomatologia depressiva non raggiunge l'intensità e la temibile consistenza delle depressioni endogene. Assolutamente assenti sono i deliri e la consapevolezza di malattia è sempre conservata. Talora possono manifestarsi delle idee di suicidio ma perlopiù con una componente dimostrativa e manipolatoria. Il decorso tende ad essere subcronico e persistente nella nevrosi depressiva e più limitato nel tempo nella depressione reattiva.

Come curare la depressione

Come si è detto lo psicoterapeuta di fronte a una sintomatologia depressiva deve prima di tutto porre diagnosi per capire se si trova davvero di fronte a un quadro depressivo, definire la gravità del problema ed essere sicuro di non trascurare interventi essenziali per la cura. Quando i sintomi sono più gravi tanto da arrivare a compromettere l'adattamento sociale (per esempio quando sono presenti ideazioni suicidarie, idee deliranti) il trattamento può richiedere, accanto all'intervento psicoterapico, una cura farmacologica o un ricovero. Anche in questi casi il trattamento psicoterapico è comunque fondamentale per contenere il dolore della persona e fare accettare gli interventi necessari alla cura. Quando i sintomi sono più lievi può comunque essere utile il ricorso ai farmaci, in particolare durante le fasi di sofferenza acuta, ma il trattamento psicoterapico è l'intervento primario. La relazione terapeutica, nella cura della persona depressa, deve essere intensa, empaticamente e affettivamente vissuta. Da psicoterapeuta adleriana considero tra i principali interventi terapeutici l'approccio empatico e incoraggiante. Nel caso del paziente depresso la compartecipazione emotiva alla sofferenza costituisce di per se stesso un incoraggiamento in quanto dà al paziente l'idea che gli sforzi che egli deve compiere per poter far fronte e resistere alla situazione non sono indifferenti e il terapeuta ne è consapevole. Lo psicoteraputa deve compensare parte dei vuoti, fornire l'appoggio che è mancato a causa delle carenze originarie o delle perdite recenti, ma anche aiutare a correggere gli schemi di pensiero che sono alla base dello stile di vita depressivo. La depressione è una protesta, non sempre silenziosa, attuata allo scopo di ottenere in modo disfunzionale ciò di cui ci si sente mancanti, un mezzo per richiamare l'attenzione dell'altro affinché si accorga che si sta male e dia una mano ad affrontare il proprio malessere. Alla lunga però la depressione rischia di allontanare le persone perché stare vicino a chi è depresso non è facile e piacevole. Si tratta quindi di una strategia che rischia di rivoltarsi contro il soggetto, aumentando la depressione stessa, creando uno stato dal quale diventa difficile uscire. La depressione può anche essere una strategia di autoprotezione che immerge in uno stato ovattato dove si sente meno e ci si sente più protetti. Questa strategia, che nel breve periodo è difensiva, alla lunga è pericolosa perché riduce la possibilità di essere feriti dall'esterno, ma al tempo stesso attenua la possibilità che il mondo esterno dia piacere e benessere. La psicoterapia adleriana si propone di smascherare le mete fittizie della sintomatologia depressiva e, attraverso la comprensione e partecipazione alla sofferenza, mira a infondere il coraggio per riaprirsi ai rapporti sociali e riprendere il proprio cammino di vita.

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